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Per NASA momento favorevole alle esplorazioni del programma Artemis del prossimo decennio.

Conosciamo meglio la nostra stella: identikit

Una stella nana gialla, una palla di caldi gas incandescenti al centro del nostro sistema solare. Questo è il Sole. La sua forza di gravità tiene unito il sistema solare, facendo sì che dai più grandi pianeti alle più piccole particelle di roccia, tutto rimanga nella sua orbita. La connessione e le interazioni tra Sole e Terra danno origine alle stagioni, alle correnti oceaniche, a clima e perturbazioni, alle fasce di Van Allen ed alle aurore. Sebbene questa sia per noi speciale, ci sono miliardi di stelle simili al nostro Sole sparse in tutta la galassia della Via Lattea.

Il Sole ha molti nomi in differenti culture. La parola latina per Sole è “sol”, che è l’aggettivo principale per tutte le cose che con esso hanno a che fare: solare.

Con un raggio di 695.508 chilometri, il nostro Sole non è una stella particolarmente grande, ce ne sono di molto più grandi (Betelgeuse, ad esempio, è grande all’incirca 1000 volte il raggio del nostro Sole), ma è molto più massiccia del nostro pianeta: la sua massa è pari a 332.946 masse terrestri. E ci vorrebbero 1,3 milioni di Terre per poter riempire il suo volume. La sua distanza dal nostro pianeta è di 150 milioni di chilometri.

Come altre stelle, il Sole è una palla di gas. In termini di numero di atomi, esso è composto per il 91% da idrogeno e per l’8.9% da elio; rispettivamente il 70,6% e il 27,4% della massa solare.

L’enorme massa del Sole è tenuta insieme dalla forza di attrazione gravitazionale, la quale produce un’enorme pressione e temperatura nel suo nucleo. Il Sole ha sei regioni: il nucleo, la zona radiativa e la zona convettiva, al suo interno; la superficie visibile, detta fotosfera; la cromosfera; e la regione più esterna, detta corona.

Al suo nucleo, la temperatura è di circa 15 milioni di gradi Celsius, sufficiente per sostenere la fusione termonucleare. Questo è un processo nel quale gli atomi si combinano a formare atomi più grandi (gli atomi di idrogeno si fondono a formare atomi di elio), e in questo processo viene rilasciata una enorme quantità di energia.

L’energia prodotta nel nucleo alimenta il Sole e produce tutto il calore e luce che la nostra stella emette. Questa energia viene trasportata dal nucleo verso gli strati esterni tramite radiazione, la quale rimbalza nella zona radiativa, impiegando circa 170.000 anni per raggiungere dal nucleo la cima della zona convettiva. In questa fase la temperatura passa da 15 a 2 milioni di gradi nella zona convettiva, dove enormi bolle di plasma incandescente (una zuppa di atomi ionizzati) si muovo verso l’esterno. La superficie del Sole, la parte da noi osservabile, è circa 5.500 gradi Celsius, una temperatura estremamente più bassa rispetto al nucleo, ma calda a sufficienza perché il carbonio, come diamanti e grafite, non solo fonda, ma addirittura vada in ebollizione.

La superficie del Sole, la fotosfera, è una regione spessa 500 chilometri dalla quale viene emessa la maggior parte della radiazione solare. Tuttavia non si tratta di una superficie solida come quella dei pianeti, bensì è lo strato più esterno di una stella gassosa.

La radiazione proveniente dalla fotosfera è vista come luce solare quando raggiunge la Terra, circa 8 minuti dopo aver lasciato il Sole.

Sopra la fotosfera c’è la tenue cromosfera e la corona, che insieme costituiscono la sottile atmosfera solare. Qui è dove si possono osservare i caratteristici brillamenti e macchie solari.

Ma da cosa sono provocate le macchie solari?

Una macchia solare è una regione estremamente luminosa della superficie del Sole che si distingue dall’ambiente circostante per una temperatura minore ed una forte attività magnetica (migliaia di volte più forte di quella terrestre). Il contrasto tra la bassa temperatura della macchia rispetto alle regioni circostanti più calde e luminose, la fa apparire come una macchia scura.

L’attività delle macchie solari segue un ciclo di circa 11 anni, detto ciclo solare, che è il “motore” dinamico e la sorgente energetica alla base di tutti i fenomeni solari. Ogni ciclo comprende un massimo e un minimo, che vengono identificati contando il numero di macchie solari che appaiono in quell’anno. All’inizio del ciclo, le macchie tendono ad apparire a latitudini elevate, per poi muoversi verso l’equatore quando il ciclo si avvicina al massimo.

Quando la superficie solare mostra un ampio numero di macchie, il Sole sta attraversando una fase di maggior attività e emette maggior energia nello spazio circostante.

Iniziati ad essere misurati a partire dal 1700, attualmente sono stati classificati 24 cicli solari, con il Ciclo 24 iniziato nel dicembre del 2008 ed il suo massimo raggiunto nell’aprile del 2014 con un picco di 82 macchie solari.

A che punto siamo del ciclo solare?

Le previsioni per il prossimo ciclo solare ci dicono che sarà il più debole degli ultimi 200 anni. Il massimo previsto per il prossimo ciclo (misurato in termini di numero di macchie solari) potrebbe variare dal 30% al 50% in meno rispetto a quello più recente. I risultati mostrano che l’inizio del prossimo ciclo (il Ciclo 25) è previsto per il 2020, con il suo massimo nel 2025.

Gli esperti prevedono che il Ciclo Solare 25 può avere un avvio lento, ma potrebbe raggiungere il picco con il massimo solare tra il 2023 e il 2026, e un intervallo delle macchie solari compreso tra 95 e 130, ben al di sotto nel numero di macchie solari medio, tipicamente compreso tra 140 e 220 macchie per ciclo solare.

«Prevediamo che il Ciclo Solare 25 sarà molto simile all’attuale Ciclo 24: un altro ciclo piuttosto debole, preceduto da un lungo e profondo minimo», ha detto Lisa Upton, dottoressa in fisica solare alla Space Systems Research Corp. «Ci aspettiamo che Ciclo 25 sarà simile per dimensione al Ciclo 24 – continua la Upton –, e ciò significherebbe che la costante diminuzione dell’ampiezza del ciclo solare, osservata dai cicli dal 21 al 24, è giunta al termine e che non vi è alcuna indicazione del fatto che ci stiamo attualmente avvicinando ad un minimo di tipo Maunder nell’attività solare

Il minimo di Maunder è un periodo di minima attività solare con una presenza molto ridotta di macchie solari, osservato tra gli anni 1645 e 1715, che coincise con quello che viene chiamato Piccola Era Glaciale (1500-1850) verificatosi nell’emisfero settentrionale, durante il quale, secondo gli storici: «il Tamigi in Inghilterra gelò durante l’inverno, i coloni Vichinghi abbandonarono la Groenlandia e gli agricoltori norvegesi chiesero al re danese di risarcirli per le terre occupate dai ghiacciai in avanzamento

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