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Grande must culinario che genera, a livello nazionale, un business di 12 miliardi di euro e dove sono almeno 100mila i lavoratori fissi nel settore, ai quali se ne aggiungono altri 50 mila nel fine settimana: è proprio la pizza ad aggiudicarsi il premio IG NOBEL 2019 per la Medicina, il riconoscimento dedicato a ricerche “strane” che “prima fanno ridere e poi danno da pensare”.

Che si scelga al trancio o in pizzeria anche in Liguria è l’alimento che spopola tra turisti e cittadini locali 365 giorni l’anno, soprattutto nelle forme Sardenaira, la “cugina” ligure della pizza e nell’intramontabile Focaccia di Recco IGP: è però importante per garantire la qualità del prodotto che esso venga realizzato con prodotti tracciabili, possibilmente provenienti dal territorio. Non solo quindi è importante il forte legame cultuale della tradizione con l’Italia, suggellata nel 2017 con l’iscrizione dell’“Arte dei Pizzaiuoli napoletani” nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco, ma il valore nutrizionale messo a fuoco dalla bizzarra ricerca che è stata premiata per «aver fornito l’evidenza che la pizza può proteggere da malattie e morte, purché fatta e mangiata in Italia».

Ad oggi però quasi due pizze su tre servite in Italia sono ottenute purtroppo da un mix di ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori, fatto che ne compromette il gusto e, senza dubbio, la qualità di questo grande tesoro del Made in Italy, che affonda le sue radici nella storia culinaria del Paese dove ogni giorno si sfornano circa 5 milioni di pizze nelle circa 63mila pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio, e dove si lavorano in termini di ingredienti annualmente 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

«È un piatto sano e genuino – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa che riesce a declinarsi in tante varianti diverse a seconda della regione d’appartenenza, dove anche con condimenti locali si mantiene inalterata la tradizione di questa ricetta 100% italiana. Nata a Napoli, è da considerarsi tra i simboli del successo della dieta mediterranea nel mondo, che ha abbattuto ogni confine arrivando in America, dove i suoi abitanti ne sono diventati i maggiori consumatori con 13 chili a testa, mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui. In Liguria è famosa la pizza al pesto di Basilico genovese DOP e quella realizzata con le verdure locali di stagione, ma soprattutto la Sardenaira una base di focaccia su cui viene stesa un abbondante strato di salsa di pomodoro crudo, cipolle rosse, olive taggiasche, capperi, aglio, origano e filetti di acciughe. Il grande successo della pizza, però, moltiplica i rischi di utilizzo d’ingredienti che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy ed è per questo importante portare la trasparenza e tracciabilità dai banchi dei supermercati ai menù delle pizzerie: solo così sarà possibile evitare di ritrovarsi nel piatto pizze non cucinate con i prodotti tricolore, e allo stesso tempo sostenere con il proprio acquisto le imprese agricole locali, che con il loro lavoro sono in grado di fornire ingredienti d’eccellenza per tutte le stagioni».

c.s.

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