Omicidio Giovanni D’Alfonso: a parlare è ora il figlio del carabiniere che venne ucciso dalle Brigate Rosse.
Quasi cinquant’anni fa, il 5 giugno 1975, alla cascina Spiotta di Arzello di Melazzo, nell’Alessandrino, perse la vita il carabiniere Giovanni D’Alfonso. L’agente morì, a seguito di una sparatoria, durante un’operazione di liberazione dell’imprenditore vinicolo Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato dalle Brigate Rosse.

Lo scorso 25 gennaio 2025 davanti alla Corte d’Assise di Alessandria si è aperto un processo per cercare di fare luce su quel tragico evento. A parlare ora è il figlio del carabinieri che venne ucciso dalle Brigate Rosse.
L’omicidio di Giovanni D’Alfonso, il carabiniere ucciso dalle Brigate Rosse
Il processo sta cercando di offrire una nuova prospettiva sugli anni bui e sulle Brigate Rosse, per comprendere meglio le dinamiche interne al gruppo e le motivazioni che portarono a scelte così estreme.

Coinvolti nel processo sono tre nomi illustri del panorama brigatista: Renato Curcio, Mario Moretti e Lauro Azzolini. Tra questi l’83enne Renato Curcio, storico capo della colonna di Torino, ha già scontato 25 anni di carcere e oggi vive a Carrù, in provincia di Cuneo. Durante la sparatoria, Curcio perse la moglie Mara Cagol, anch’essa brigatista. Mario Moretti, 78enne di Milano, era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Aldo Moro, ma attualmente si trova in regime di semilibertà.
La testimonianza del figlio di Giovanni D’Alfonso
Bruno D’Alfonso, carabinieri in pensione figlio del carabiniere ucciso nella sparatoria di cinquant’anni fa, durante il processo ha dichiarato “Non perdono lo Stato complice del silenzio”. Testimoniando davanti alla corte di assise di Alessandria arriva a ipotizzare una sorta di accordo tra Stato e Brigate Rosse. Bruno cercando la verità sulla morte del padre racconta di aver conosciuto Vallarino Gancia il quale gli avrebbe rivelato che durante un riconoscimento vocale in carcere aveva identificato le voci di alcuni brigatisti.

Sarebbe stato il generale Dalla Chiesa a invitare al silenzio Bruno, per un tacito accordo, un patto di non belligeranza tra lo Stato e le Brigate Rosse. Il carabiniere spiega: “Erano altri tempi, erano gli anni di piombo e credo che ci fosse paura”.
Le dichiarazioni di Bruno D’Alfonso, figlio del carabiniere ucciso dalle Br
Bruno D’Alfonso tenta di riscrivere la storia ipotizzando qualcosa di poco credibile da parte di quello Stato. Lo Stato avrebbe scelto di non trattare per salvare la vita di Moro e che invece sarebbe sceso a patti per zittire Vallarino Gancia sui suoi rapitori.
Era stato D’Alfonso con il suo esposto a riaprire il caso sull’omicidio, ottenendo la celebrazione di un processo a mezzo secolo dai fatti con una sentenza di proscioglimento del 1987 revocata senza leggerla perché scomparsa nell’alluvione del 1994 vuole stravincere.