Sono passati 44 anni da quello che è stato l’evento di cronaca nera che venne seguito in diretta tv per ore dagli italiani: la tragedia di Alfredino Rampi.
La tragedia di Alfredino Rampi, il bambino di sei anni caduto in un pozzo artesiano a Vermicino, alle porte di Roma, è un fatto di cronaca nera che rappresenta quasi un unicum nella nostra Storia recente: si trattò infatti di un evento che coinvolse tutti gli italiani, in una maratona in diretta televisiva durata per ore e ore, fino allo straziante recupero del corpo privo di vita del piccolo. Era il 10 giugno 1981 e quella vicenda viene riproposta da Rai2 nel documentario “La TV nel pozzo”.
Oggi quella tragedia viene studiata sui libri di storia e nelle facoltà di scienze della comunicazione: sancisce di fatto la nascita di quella che viene definita “tv del dolore” con una diretta televisiva di ben 18 ore che venne seguita da qualcosa come 21 milioni di telespettatori. In pratica, un italiano su due venne coinvolto da questo evento, numeri che oggi – se riuscisse a qualificarsi – farebbe forse la nazionale di calcio in una partita dei Mondiali.
Ancora nel 2025, a 44 anni di distanza, la stringente attualità di quella tragedia è sancita anche dalle paure che scaturirono in molti genitori dopo la morte di Alfredino Rampi: la messa in sicurezza di aree abbandonate oppure l’omessa vigilanza, sono temi che sono vivi nel dibattito di ogni giorno. “La TV nel pozzo”, con la voce narrante di Fabrizio Gifuni, racconta anche questo ed è un documentario che evidenzia il carattere popolare di quella tragedia.
Nel documentario, ci sono le voci dei protagonisti dell’epoca, di molti giornalisti e scrittori che a quel dramma sono legati da molteplici ricordi, come Piero Badaloni o Massimo Lugli, ma anche personaggi del mondo dello spettacolo, come Francesco Bianconi dei Baustelle, che da quella tragedia sono rimasti particolarmente colpiti. L’appuntamento in prima serata su Rai2, dunque, racconta di un dramma collettivo, che – per fare un esempio – fece arrivare su quel pozzo il presidente Pertini.
Nelle scorse ore, l’avvocato Daniele Romeo, legale della famiglia Rampi e membro del direttivo del centro Alfredo Rampi, ha preso parola per ricordare come grazie all’impegno in particolare di Franca Bizzarri, la mamma del bambino finito in fondo al pozzo, in Italia si è iniziato a pensare alla creazione di un istituto come la Protezione Civile e c’è da parte della famiglia del piccolo vittima della tragedia la convinzione che con maggiore organizzazione il bambino si sarebbe salvato.
Franca Bizzarri e Ferdinando Rampi, i genitori di Alfredino Rampi, sono ancora attivi, nonostante gli anni che passano, all’interno del centro dedicato alla memoria del figlio. L’associazione ha aiutato decine di migliaia di bambini e ragazzi anche nella formazione di professionalità legate al mondo della Protezione Civile. Il fratello di Alfredino Rampi, Riccardo, che come molti ricorderanno soffriva di una patologia cardiaca, è morto nel 2015 colto da un malore in discoteca.
Quella tragedia ha anche il volto eroico di Angelo Licheri, che poco dopo la morte di Alfredino Rampi venne insignito della Medaglia d’oro al valore civile. L’uomo, nato a Gavoi, fu l’unico che riuscì a sfiorare la mano del bambino nel pozzo, dopo essersi calato a 60 metri di profondità. Quello che gli è accaduto lo ha segnato profondamente, tanto da portarlo a lasciare l’Italia, per poi rientrare nel nostro Paese solo nel 2005. Provato anche dalla malattia, il diabete, è morto nell’ottobre 2021.
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