Un nuovo svuotacarceri che prevede indulto e amnistia, ma vincolati a una serie di parametri molto rigidi, tutto in attesa della riforma del sistema penitenziario.
“Diritto e clemenza: che fare per il carcere?”, questo il titolo di un convegno che si è tenuto nelle scorse ore a Roma e che ha visto tra gli altri l’intervento di Stefano Anastasia, garante per i detenuti della Regione Lazio. La sua è una figura importante, che funge da filtro tra le istituzioni e l’ambiente carcerario: proprio facendo leva su questa sua posizione, il garante ha sottolineato come oggi più che mai sia necessario un atto di clemenza.
Insomma, la necessità è che le istituzioni si mettano subito al lavoro per formulare il cosiddetto “svuotacarceri”, provvedimento che ora verrà proposto dall’onorevole Paolo Ciani e dal professore Luigi Manconi. La proposta in campo è quella di due anni di indulto e un’amnistia che sia limitata a quelle tipologie di reati che hanno pene detentive inferiori a quelle già scontabili con misure alternative al carcere.
C’è una gravissima situazione di sovraffollamento carcerario, con le sue intollerabili condizioni di vita e lavoro, spiega Anastasia, ma provvedimenti come questo chiaramente sono misure tampone, in attesa che il Governo attui le riforme in programma, al di là delle posizioni politiche individuali. In virtù anche di precedenti atti di clemenza che sono stati oggetto di numerose critiche, questa nuova proposta vincola l’indulto e l’amnistia a una serie di clausole restrittive.
Nello specifico, l’indulto sarebbe revocabile qualora, nei cinque anni successivi, il beneficiario commettesse un nuovo delitto non colposo con condanna a una pena detentiva di almeno due anni. L’amnistia, invece, verrebbe concessa solo a condizione che il condannato dimostri nei cinque anni successivi un comportamento costante e positivo. Per Anastasia, un simile intervento non solo alleggerirebbe nell’immediato la pressione sul sistema carcerario, ma offrirebbe anche lo spazio politico e temporale per una riforma del sistema penitenziario.
Questo tipo di provvedimenti trova la sua agibilità politica grazie a chi da sempre si muove per i diritti di chi è in carcere, come l’ex sottosegretario ed ex senatore Luigi Manconi, presidente dell’associazione A buon diritto: l’onorevole recentemente è intervenuto per sottolineare come a suo avviso l’inasprimento delle pene non riduce i reati, per cui il carcere risulta essere una risposta demagogica della politica a problemi reali.
Una sponda importante nella società civile a un nuovo decreto svuotacarceri arriva dalla Conferenza Episcopale Italiana, con l’attuale presidente, il cardinale Matteo Zuppi, che intervenendo al convegno romano ha parlato della necessità di un atto di clemenza, per combattere il sovraffollamento carcerario, e ha anche spiegato come una riforma importante possa essere quella di aumentare i giorni del cosiddetto sconto di pena, ovvero la liberazione anticipata per chi sta finendo di saldare il suo debito con la giustizia.
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