L’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha votato per l’indulto e l’amnistia. Ecco cosa ha scritto nel diario di cella. “Diario di cella”
Gianni Alemanno è l’ex sindaco di Roma appartenente alla destra italiana. Per lui il carcere non è stato solo difficile, ma anche un modo per allontanare i pregiudizi. Lui è stato 200 giorni rinchiuso nel carcere di Rebibbia. Durante la reclusione ha scritto un diario chiamato Diario di cella dove scriveva i vari episodi che succedevano.
Il vissuto in carcere di Alemanno: cosa ha raccontato nel suo diario-mediagold.it
Uno in particolare è stato piuttosto emblematico. Questo episodio gli ha fatto guadagnare molta stima da parte dei compagni di cella. Ma qual è stato questo episodio?
Gianni Alemanno: come si è guadagno la stima dei detenuti
Quando è entrato nel carcere, il pregiudizio era nell’aria: c’era l’idea che fosse l’ennesimo politico, che voltava le spalle ai carcerati. A farglielo notare apertamente, solo pochi giorni dopo l’ingresso, è stato Mauro, un detenuto anziano dal look hippy, che gli ha rinfacciato il fatto che i carcerati non avessero diritti. Ne è nato un battibecco acceso, ma anche scuse da parte dello stesso Mauro, convinto da altri detenuti che la realtà fosse più complessa.
Alemanno in carcere: come si è guadagnata la stima dei carcerati-mediagold.it
In effetti, la storia politica e personale di Alemanno racconta un’altra versione. Fin dagli anni ’70, quando militava in un movimento giovanile perseguitato in pieno clima di “antifascismo militante”,aveva un orientamento che lo ha portato negli anni a difendere i diritti dei detenuti, a iscriversi a “Nessuno Tocchi Caino”, a sostenere alcuni referendum radicali, e perfino a votare a favore dell’indulto del 2006. Da sindaco, non ha esitato a dare risalto alle campagne contro la pena di morte.
Oggi, tornato a vivere la realtà carceraria in prima persona, Alemanno continua a battersi per condizioni più dignitose. Insieme ad altri detenuti, ha denunciato il sovraffollamento. Un problema reale, aggravato dalla presenza di malati di scabbia, persone con gravi disturbi psichiatrici e un clima di insicurezza crescente.
Quando i detenuti più “anziani” hanno organizzato una protesta silenziosa per chiedere di essere ascoltati, Alemanno non si è tirato indietro. È entrato con loro, senza bandiere o proclami, ma per semplice solidarietà. Davanti a un dirigente che liquidava con freddezza le richieste, non ha esitato a provocarlo con una domanda secca: “Se non è in grado di fare nulla, perché non si dimette?”.Un gesto che, sebbene inizialmente accolto con freddezza, ha portato poche ore dopo all’intervento di un commissario della Penitenziaria che ha, almeno temporaneamente, sbloccato la situazione.
Il rispetto, in carcere, si guadagna con i fatti. Due giorni dopo, Alemanno ha ricevuto due torte, una dal primo piano, l’altra dal secondo, come segno di riconoscenza. Ma, come lui stesso racconta, il regalo più bello è arrivato da suo figlio, che ascoltando l’episodio ha sorriso: “Ovviamente… tu non potevi non metterti in prima linea”.
Anche il cappellano, dopo la Messa, lo ha esortato a non fermarsi: “Continua questa battaglia anche quando sarai fuori”. Per Gianni Alemanno, quella per i diritti delle persone detenute non è solo una parentesi. Combattere, come gli è stato insegnato, non è una scelta. È un destino