Il dramma di Alfredino Rampi sconvolse l’Italia nel giugno 1981 e c’è la vicenda di un giovane, nato alla fine di quell’anno, che è legata a quella del bambino di Vermicino.
Alfredo Cirillo, oggi un giovane uomo di quasi 44 anni, ma che deve la sua stessa esistenza a una delle più dolorose tragedie che l’Italia ricordi: la morte del piccolo Alfredino Rampi, caduto in un pozzo artesiano a Vermicino nel giugno del 1981. Una tragedia che lasciò l’Italia pietrificata per ore e ore davanti ai teleschermi, con un numero medio di telespettatori pari a 21 milioni e 18 ore di diretta televisiva.

Nel giorno del ricordo di quella tragedia, con la Rai che manda in onda un documentario su Vermicino, emerge anche questa storia connessa: Alfredo Cirillo viene alla luce il 18 dicembre dello stesso anno, il 1981, ad Angri, in provincia di Salerno e di fatto deve la sua vita ad Alfredino Rampi. Cosa lega un bambino di sei anni, morto in circostanze tremende, a un nascituro nello stesso anno, qualche mese dopo la tragedia?
La scelta di abortire della mamma di Alfredo Cirillo
Lo spiega lo stesso Alfredo Cirillo: “Sono nato due volte, e la seconda è merito di Alfredino Rampi”, dice raccontando di quella che era una situazione molto difficile per la sua famiglia. Qualche mese prima della morte di Alfredino Rampi, un’altra tragedia collettiva aveva unito nel dolore la popolazione italiana: il terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia. In quella tragedia, la famiglia Cirillo aveva perso la casa e si erano rifugiati da parenti, così faticavano ad andare avanti con tre figli piccoli già a carico.

La signora Nunziata scopre in tarda primavera di essere nuovamente incinta e insieme al marito Giuseppe si trovano davanti a un bivio: che fare? Tenersi il figlio oppure fare una scelta difficile, ma che si rendeva in qualche modo necessaria, ovvero quella di abortire? I genitori di Alfredo Cirillo avevano fissato un appuntamento in ospedale, per valutare l’interruzione di gravidanza. Poi avvengono i fatti di Vermicino e qualcosa cambia.
I dubbi e il ripensamento di papà Giuseppe
Il giorno previsto per la visita, il 14 giugno – esattamente il giorno dopo la morte di Alfredino – Giuseppe, commosso fino alle lacrime per ciò che aveva visto e ascoltato in quei giorni, chiede alla moglie di tenere quel bambino che lei portava in grembo, perché dove mangiano in tre figli ci mangiano anche in quattro e perché pensa a quei poveri genitori che un figlio in quell’inizio estate 1981 lo hanno perso in maniera tragica.

Sei mesi dopo nacque Alfredo, chiamato così proprio in memoria di quel bambino nel pozzo: un’anomalia, nel sud Italia, quella di scegliere un nome che non fosse già presente in famiglia, almeno all’epoca. Quella scelta ha cambiato il destino di Alfredo Cirillo, che non sarebbe dovuto nascere, e che lo scorso anno ha voluto rendere omaggio alla vita che gli è stata donata grazie a quel dramma. Insieme al fratello sacerdote, infatti, il giovane uomo è andato sulla tomba di Alfredino Rampi al cimitero del Verano.
Qui ha lasciato un biglietto, con poche ma molto significative parole: “Vivo grazie al tuo sacrificio. Te ne sono grato per sempre. Un bacio, grande amico mio”. Alfredo Cirillo oggi è sposato, ha un lavoro stabile e ha due figli, ma la sua storia, quell’intreccio di destini, sono il miglior inno alla vita: un potente richiamo al suo valore, e un invito a non mollare, in un’Italia dove la natalità è in crisi e troppe donne si ritrovano sole ad affrontare scelte difficili.