A distanza di quasi diciotto anni dal delitto di Garlasco ora non sembrano esserci più dubbi sul sangue ritrovato sul tappetino del bagno della casa di Chiara Poggi.
Sapere che si stia svolgendo nuovamente un indegine in merito a un omicidio a distanza di diciotto anni e nonostante ci sia già qualcuno in carcere da tempo con una condanna passata in giudicato appare certamente sconvolgente. E invece è quello che sta accadendo già da qualche tempo in merito al delitto di Garlasco, quello avvenuto il 13 aprile 2007, giorno in cui è stata uccisa Chiara Poggi, trovata senza vita a soli 26 anni dal fidanzato Alberto Stasi, che si trova in carcere dal 2015 pur essendosi sempre proclamato innocente.

Ora si sta facendo sempre più concreta l’idea che quel giorno nell’abirazione ci fossero più persone, anche se al momento l’unico indagato è Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, che continua a sostenere di non avere commesso il fatto, nonostante ci sia il suo suo DNA sulle unghie della ragazza. Le analisi procedono, adesso sarebbe stato chiarito quello relativo al sangue trovato sul tappetino del bagno dell’abitazione.
Nuova indagine sul delitto di Garlasco: rilevato il sangue sul tappetino
La Procura di Pavia sembra davvero intenzionata a non lasciare nulla al caso in questa nuova indagine sul delitto di Garlasco, volta a chiarire tutto quello che non era stato analizzato all’epoca. Il sospetto concreto che da dieci anni ci sia in carcere qualcuno che non ha commesso il fatto può essere concreto.
Effettivamente a ridosso dell’omicidio erano stati diversi gli aspetti che non erano stati presi in considerazione come dovuto, comprese alcune tracce evidenti che erano in casa. È il caso del sangue rinvenuto sul tappetino presente nel bagno, dove fino ad ora si pensava che Alberto Stasi, ritenuto l’assassino per la giustizia, si fosse lavato dopo avere commesso il fatto, cosa invece smentita attualmente (non è stato trovato sangue nel sifone).

Secondo quanto emerso, il materiale ematico rilevato apparterrebbe a Chiara, come apparso evidente dai tre tamponi autoptici prelevati a lei, mentre dal segmento pilifero trovato nei rifiuti non è stato possibile ricavare niente. Sono qiindi state escluse dai consulenti di parte tracce maschili, arrivando così a escludere evidentemente che chi ha ucciso la 26enne abbia provato di eliminare le tracce che aveva addosso (nonostante sia riportato nella sentenza definitiva). È della vittima anche il sangue trovato sulle scale.
Non sono state invece fatte ulteriori analisi su un cucchiaino, già esaminato anni fa dove è presente il DNAdi Chiara. Si attendono però ulteriori risultati in merito estrapolato dai margini ungueali di Chiara e che anni fa fu giudicato scarso, degradato e quindi non utile per procedere con l’identificazione. Tutto può però ancora accadere, le indagini genetiche sono importanti, ma saranno affiancate a quelle tradizionali. Solo in questo modo avremo forse modo di dare giustizia a questa sfortunata ragazza morta troppo presto.