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Sequestrati beni per oltre 500.000 euro.

Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di La Spezia ha eseguito un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari e di sequestro preventivo, emessa dal G.i.p. del Tribunale di La Spezia, Dr. Mario De Bellis, su richiesta del P.M., Dr.ssa Rossella Soffio, nei confronti di due fratelli imprenditori, A.F., di anni 39, residente a Fosdinovo (MS), e l’altro A.G., di anni 37, residente a Palermo, amministratori e soci di due aziende con sede in Santo Stefano Magra, e di un professionista di Luni, M.G., di anni 54, consulente fiscale delle due aziende in argomento, tutti resisi responsabili di reati tributari, quali l’emissione e/o l’annotazione di fatture per operazioni inesistenti.

Contestualmente, è stato disposto nei confronti dei medesimi il sequestro preventivo di beni per oltre 547.000 euro, pari al valore dell’imposta dovuta.

La predetta attività di polizia giudiziaria giunge dopo le risultanze emerse nel corso di 2 verifiche fiscali, condotte nei confronti di altrettante società collegate, di proprietà ed amministrate da due fratelli, operanti nella provincia spezzina nel settore degli allestimenti navali.

L’attività ispettiva ha consentito di rilevare, oltre a numerose violazioni di carattere amministrativo, in materia fiscale e contributiva, anche un articolato meccanismo di frode, posto in essere dagli amministratori sotto la regia del professionista, volto ad omettere, in maniera sistematica, i versamenti d’imposta IRES ed IVA, e ad abbattere i debiti tributari e contributivi.

Il sistema di frode prevedeva, tramite artifici contabili e l’utilizzo di fatture create “ad arte” per spostare costi e ricavi, il coinvolgimento di più società, alcune delle quali destinate ad assumere su di sé tutti i debiti fiscali e contributivi, salvo poi non adempiervi ed essere svuotate ed avviate a procedure fallimentari, al cui esito gli enti creditori (Fisco e INPS in primis, ma anche fornitori e banche), non avrebbero visto alcuna soddisfazione. In un caso, una società è stata intestata ad un ex dipendente, oggi residente in Germania, che veniva ad assumere la funzione di vero e proprio “prestanome”.

Con questo sistema, gli imprenditori assumevano commesse per oltre 5 milioni di euro, dal 2013 al 2016, consapevoli del fatto che, tramite le direttive del loro consulente fiscale, avrebbero eluso gli adempimenti fiscali e contributivi e che il ricorso a società “satellite”, per l’apporto di beni strumentali e manodopera, li tutelava anche dal rischio di aggressione dei creditori.

Le indagini sulla documentazione acquisita, le intercettazioni telefoniche, il materiale informatico e la corrispondenza esaminata hanno consentito di delineare il ruolo del consulente fiscale, che consigliava gli imprenditori sulla tipologia ed importi delle fatture da emettere e sugli spostamenti dei beni da un’azienda all’altra, per occultarli ad eventuali procedure concorsuali.

Fra il 2013 ed il 2016, fra le imprese oggetto di indagine vi è stato uno scambio di una ventina di fatture “false”, per un ammontare complessivo di€ 1.631.403,15,che hanno consentito, nei vari esercizi interessati, di evadere imposte (IRES ed IVA) per complessivi€ 547.813,03.

c.s.

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