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Alassio. I suoi gregari Shidul Mattuber, Sajib Miah e Hasan Mehadi di 23 anni, Asim Mattubar, 25 anni e Mohamed Shanto, 18 anni, sono tornati in libertà. Il gruppo ha patteggiato in Tribunale una pena a due anni di reclusione ed ha lasciato il carcere.

Il presunto capo di una pericolosa organizzazione, Reza Karim, 34 anni, invece, è ancora detenuto. Per tutti tutti l’accusa è, a vario titolo, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tentata estorsione continuata, calunnia, possesso ingiustificato di armi e materiale esplodente, minaccia aggravata con utilizzo di armi improprie. I sei, secondo quanto ricostruiti dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Alassio gestivano una tratta di esseri umani dal loro Paese all’Europa. La prima parte dell’indagine conclusa a settembre ora ha preso strade diverse. Le bocche degli investigatori rimangono cucite proprio per non compromettere un’inchiesta a livello internazionale che ha come epicentro Alassio. In un appartamento di via Sollai, a pochi passi dall’Aurelia, i carabinieri hanno trovato decine di stranieri che alloggiavano in uno scantinato trasformato in abitazione. Sono rimasti in città a vendere rose per due-tre mesi. Poi sono dalla circolazione. Forse venduti ad altri clan malavitosi bengalesi che operano in altre piazze come Torino, Milano, Brescia, Roma. Ora che il decreto sicurezza è diventato legge che cosa ne sarà di coloro che invece sono rimasti nella città del Muretto con in tasca permessi di soggiorno per motivi umanitari? Saranno espulsi? Di certo, tre mesi fa, anche il ministro Salvini si era complimentato per l’operazione dei carabinieri.

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