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Arnasco. Prosciolti per non aver commesso il fatto.Non saranno processati i coniugi Giovanni Accame e Margherita Toia, proprietari della palazzina esplosa nel centro storico di Arnasco il 16 gennaio 2016 per una fuga di gas in cui morirono sei persone. Così ha deciso ieri pomeriggio per i due imputati in sede di udienza preliminare il giudice Fiorenza Giorgi come raccontato oggi in edicola dal Secolo XIX/La Stampa. Per marito e moglie, accusati di crollo e omicidio colposo plurimo, il pubblico ministero Giovanni Battista Ferro aveva chiesto il rinvio a giudizio. I due erano proprietari dei cinque alloggi della palazzina di Arnasco sventrata da un’esplosione. Secondo la perizia della Procura effettuata dal perito torinese Luca Marmo (lo stesso che si è occupato dell’incidente alla ThyssenKrupp di Torino) l’impianto di fornitura del gas realizzato da Giovanni Accame era «totalmente fuori norma». Il gup Giorgi però non ha ritenuto i due coniugi responsabili dell’esplosione ad Arnasco. Gli avvocati della coppia prosciolta, i legali Alberto Bonifacino, Francesco Selini e Vittorio Savona, ieri dopo la sentenza di proscioglimento hanno spiegato: «Non è stato dimostrato un nesso di causalità tra gli impianti non ritenuti a norma per le normative dell’epoca e l’esplosione- ha spiegato Bonifacino del pool di difesa- poco prima dell’esplosione era stato sostituito un tubo dagli inquilini. I proprietari non hanno causato con quell’impianto la tragedia». Un tubo che, piantato male, malmesso, si sarebbe poi sfilato causando la fuoriuscita di gas. Le indagini della Procura avevano stabilito che l’esplosione fosse avvenuta nell’alloggio al piano terra affittato all’infermiere Marco Vegezzi e alla compagna Nurys Alatracia Vargas Rivera. Il bilancio in termine di vite umane era stato pesantissimo a causa della terribile esplosione. Oltre a Vegezzi e compagna, infatti nel crollo persero la vita Dino Andrei e la compagna Aicha Bellamouden (con tanto di polemiche al funerale per la mancata benedizione, essendo musulmana, alla salma da parte di don Chizzolini), Edoardo Niemen e Giovanni Ciliberti. Erano gli occupanti degli altri tre alloggi affittati. In udienza preliminare i familiari delle vittime si erano costituite come parti civili per un eventuale risarcimento del danno. Ai legali non rimane altro che tentare la strada della giustizia civile per tentare di avere un risarcimento per la strage provocata dal cattivo funzionamento dell’impianto a gas. L’alloggio al piano interrato (affittato a Vegezzi e alla Rivera) si sarebbe saturo di gas stando alle ricostruzioni tecniche proprio per un errore nel collegamento di un tubo della stufa a gas all’impianto. L’accensione della luce d’ingresso è stato il detonatore. Anche i proprietari dei due alloggi confinanti e danneggiati dall’esplosione avevano chiesto i danni.
L’errore umano, quindi, dell’inquilino Vegezzi nel posizionare un tubo di gomma per collegare l’impianto di casa con quello generale ha portato al proscioglimento dei proprietari

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