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Alassio. Suburbicon è la città delle meraviglie: integrazione razziale (certo, sono tutti bianchi), assistenza, servizi sociali: tutto sembra funzionare perfettamente in questo paradiso anni cinquanta dove i fiori, come nel finale di Blue Velvet, danzano all’unisono. Una sequenza di villette a schiera tutte uguali che rappresentano l’ideale di (non) integrazione americana: simili che cercano altri simili fino a identificare l’uniformità con l’unico sistema di convivenza possibile. Quando nella cittadina tutta sorrisi si trasferiscono i coniugi Meyers, neri borghesi che la differenza la portano nel colore della pelle e apparentemente in nient’altro, gli ingranaggi ben oliati sembrano incepparsi.

«Suburbicon» è anche il titolo del film che vede come regista George Clooney (per la sesta volta). Il «noir», due volte premio Oscar adattato un copione scritto dai fratelli Coen 25 anni fa presentato alla Mostra del cinema di Venezia poco dopo gli eventi di Charlottesville, verrà proiettato questa sera alle 21 all’auditorium Roberto Baldassarre della biblioteca civica Deaglio per l’edizione 2019 del «Cineforum» di Alassio. E’ ambientato nel 1957 in un quartiere periferico lower-middle class di una metropoli americana ispirata alla reale Levittown, costruita in Pennsylvania come ‘rifugio’ per 17mila famiglie di razza caucasica, ha per protagonisti Matt Damon, Julianne Moore e Oscar Isaac. Gardner Lodge (Matt Damon) vive a Suburbicon con suo figlio Nick, la moglie paralizzata (Julianne Moore) e la sorella di lei (sempre l’attrice premio Oscar). Mentre la cittadina prima si indigna, poi si infiamma per l’arrivo della prima famiglia afroamericana i Myers, i Lodge (che gli sono dirimpettai) hanno altre questioni di affrontare: due uomini sono venuti di notte in casa, hanno immobilizzato e addormentato col cloroformio tutti e quattro i componenti della famiglia.

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