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Alassio. L’aggiudicazione “in house” alla società Gesco del servizio di parcheggio a pagamento del comune di Alassio finisce davanti alla Corte Costituzionale. Il Tribunale amministrativo di Genova, prima sezione, ha ritenuto “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale” sollevata dal ricorso presentato dalla società Sct (Sistemi di Controllo del Traffico) che in precedenza gestiva il servizio. Di conseguenza il Tar ligure ha sospeso il giudizio in corso ed ha disposto la trasmissione degli atti al Palazzo della Consulta. Il ricorso era stato presentato nel giugno scorso dalla Sct dopo che l’amministrazione comunale aveva affidato i parcheggi, fino alla fine del 2023, alla società Gesco, controllata al 100% dal Comune di Alassio, secondo le modalità “in house providing”. In precedenza era andata deserta la gara pubblica per la gestione del servizio bandita nel 2017 e il Comune, anziché procedere ad una nuova gara con diversi parametri economici e con minori investimenti a carico del concessionario, aveva concesso una proroga a SCT ed aveva poi affidato direttamente e senza gara alla Gesco. Il ricorso di Sct è basato sulla presunta violazione dei principi comunitari in materia di in house providing e in particolare sulla necessità di una motivazione specifica e di una comparazione concreta tra le differenti modalità di gestione nella scelta della gestione in house. In pratica la società lamenta che l’amministrazione non abbia dato adeguatamente conto della preferenza per il modello in house, e che la scelta del modello in house non sia stata preceduta da un concreto e trasparente esame delle alternative esistenti, sia sotto il profilo delle valutazioni economico/qualitative dei servizi offerti sia della verifica della effettiva capacità del gestore di svolgere correttamente il servizio affidato. Le regole europee (direttiva 23/2014) lasciano alle amministrazioni la libertà di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi. Possono decidere di espletare i loro compiti d’interesse pubblico avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici o di conferirli a operatori economici esterni. In coerenza, la direttiva 24/2014 esclude dalla necessità di una previa procedura ad evidenza pubblica, gli appalti aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice a una società pubblica, quando siano soddisfatte le tre condizioni proprie dell’in house (l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla società stessa un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; oltre l’80% delle attività della società controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante; nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati). “Le norme per i servizi pubblici locali di rilevanza economica – spiega la sentenza del Tar – non contiene alcun riferimento alle ragioni del mancato ricorso prioritario al mercato. Il collegio ritiene quindi che la disposizione di cui all’art. 192 comma 2 del decreto legislativo 50/2016, nell’imporre un onere motivazionale supplementare relativamente alle ‘ragioni del mancato ricorso al mercato’ abbia palesemente ecceduto” rispetto ai principi ed ai criteri direttivi contenuti nelle norme attuative delle direttive UE in materia, principi stabiliti attraverso lo strumento della legge delega, violando così l’art. 76 della Costituzione.

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