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Ex direttore al Johnson Space Center, Christopher Columbus Kraft Jr., l’uomo che creò l’iconica figura del direttore di volo alla NASA durante i programmi Mercury e Gemini, ed il cui stile di gestione senza colpi di testa e compromessi definì le operazioni e la disciplina della sala controllo durante gli anni delle missioni Apollo ed oltre, è morto lunedì all’età di 95 anni.

«L’America oggi ha realmente perso un tesoro nazionale con la morte di uno dei primi pionieri della NASA, il direttore di volo Chris Kraft. Porgiamo le nostre più sentite condoglianze alla famiglia Kraft» ha commentato Jim Bridenstine, amministratore di NASA. «Chris è stato direttore di volo della maggior parte dei momenti che hanno segnato la storia spaziale, come i primi esseri umani ad aver orbitato attorno alla Terra ed essere usciti da un velivolo spaziale. […] Lo porteremo sempre con noi nei nostri viaggi verso le profondità del sistema solare.»

Figura leggendaria al Johnson Space Center ed in tutta l’agenzia, Kraft una volta disse di aver preparato controllo missione per monitorare i sistemi del velivolo spaziale, interagire con gli astronauti nello spazio e tenersi pronti e reattivi per “individuare tutto ciò che sarebbe potuto andare storto ed essere preparati a gestirlo”.

«Le chiamammo regole di missione – disse una volta ai visitatori del Kenney Space Center durante una sessione di domande e risposte – E scrivemmo tutte le procedure, sia per noi stessi che per gli astronauti, e le chiamammo procedure di malfunzionamento. A quel punto ognuno conosceva ciò l’altro si sarebbe potuto aspettare. Dipendevamo gli uni dagli altri. Gli astronauti facevano il lavoro nello spazio, noi quello a terra per permettere loro di portare a termine le loro missioni.»

Al sito di lancio, Kraft una volta disse: «Quando prepari una navicella spaziale e qualcosa va storto, provi a capire come aggiustare la cosa. Ma è un po’ differente per il team del controllo volo, perché loro (gli astronauti) non avevano parti di ricambio, perciò noi dovevamo capire come portare a termine la missione anche se l’equipaggiamento era malfunzionante

Le tecniche sperimentate da Kraft ed i giovani direttori di volo che lo seguirono (uomini come Gene “il fallimento non è un’opzione” Kranz, Glynn Lunney e molti altri) salvarono l’equipaggio dell’Apollo 13 dal disastro subito dopo un’esplosione nel tragitto verso la Luna che danneggiò seriamente il velivolo spaziale.

«Una volta, confrontando il suo complesso lavoro di direttore di volo con quello del direttore d’orchestra, Kraft disse “Il direttore non può usare tutti gli strumenti. Potrebbe non essere nemmeno in grado di usarne alcuno” – racconta Bridenstine – “Ma saprebbe comunque quando il primo violino dovrebbe suonare, e saprebbe quando le trombe dovrebbero suonare piano o forte, e quando un percussionista dovrebbe eseguire il suo pezzo. Egli miscelerebbe tutto questo e ne uscirebbe musica. Questo è quello che noi facciamo.”»

Kraft divenne direttore di volo a Cape Canaveral il 5 maggio del 1961, quando Alan Shepard lanciato su di un razzo Redstone divenne il primo americano nello spazio. Il volo avvenne un mese dopo che l’allora Unione Sovietica inviò il cosmonauta Yuri Gagarin nell’orbita terrestre, un grave colpo psicologico per l’Occidente al culmine della Guerra Fredda.

Il volo di Shepard fu una breve missione di su e giù sub-orbitale, ma aiutò a recuperare la perduta fiducia e giocò un ruolo importante nella decisione dell’allora Presidente John F. Kennedy, che il 25 maggio del 1961 annunciò alla nazione l’obbiettivo di mandare un astronauta sulla Luna prima della fine del decennio. La promessa fu mantenuta con l’Apollo 11 che allunò 50 anni fa il 20 luglio del 1969.

«Ebbi molti momenti d’orgoglio – ricordò una volta Kraft – Penso che il volo di Alan Shepard sia stato sicuramente quello che dove ho imparato ad essere un direttore di volo, perché fino a che non metti un essere umano in cima ad un razzo, non capisci realmente la situazione. Ero piuttosto nervoso, ed decisamente euforico quando tutto finì» Continua il ricordo di Kraft: «Sicuramente, il volo di (John) Glenn fu un grande volo per tutti noi e ci permise di migliorare. La missione Apollo 8 fu probabilmente il mio momento più euforico perché era il giovane che aveva convinto il management a portare il velivolo sulla Luna e metterlo nella sua orbita. Ciò fu piuttosto entusiasmatene ed impegnativo per il mio cuore, credo.»

Apollo 8 è ricordata come una delle missioni NASA più audaci. Fu solo il terzo volo di un gigantesco razzo Saturn 5, il primo volo che vedeva il razzo impegnato a trasportare un equipaggio, e la prima missione che portò degli esseri umani nell’orbita terrestre bassa.

«Fu il suo leggendario lavoro con i primi voli spaziali con equipaggio, a rendere controllo missione come noi lo conosciamo e permise enormi avanzamenti nei nostri viaggi verso la scoperta» racconta Bridestine.

Nato il 28 febbraio del 1924 a Phoebus in Virgina, Kraft si laureò in ingegneria aeronautica al Virginia Tech nel 1944, e si unì al Comitato Consultivo Nazionale per l’Aeronautica (NACA), precursore dell’attuale NASA. Successivamente venne assegnato allo Space Task Group che guidò lo sviluppo del programma Mercury della NASA.

Da uno dei momenti che Kraft riportava nel suo libro “Flight: My Life In Mission Control”, il suo capo Chuck Matthews una volta gli disse di “elaborare un piano missione di base. Sai, le cose di base relative a come facciamo volare un uomo da una piattaforma di lancio nello spazio e viceversa. Sarebbe bello se lo tenessi in vita.”

Il concetto di controllo missione sviluppato da Kraft, richiedeva un team di esperti, focalizzati su specifici sistemi e sottosistemi, coordinati da un direttore, che seguissero tutti una serie di regole e procedure precedentemente studiate per gestire virtualmente ogni eventualità.

«Vedevo un team di ingegneri altamente specializzati, ognuno esperto in una differente parte della capsula Mercury. – scrisse – Avevamo un flusso accurato di dati telemetrici così che gli esperti potevano monitorare i loro sistemi, vedere e anche predire i problemi, e fornire istruzioni all’astronauta.»

Kraft servì come direttore di volo per tutte e sei le missioni Mercury originali con un solo membro di equipaggio, e sette dei dieci voli Gemini con due membri di equipaggio che perfezionarono i rendezvous e le tecniche delle camminate spaziali richiesti dal programma lunare Apollo. Egli servì anche come direttore delle operazioni di volo fino alla missione Apollo 13, dove divenne vicedirettore al Johnson Space Center.

Ha assunto l’incarico di direttore dal 1972 fino al 1982, supervisionando il centro attraverso lo sviluppo iniziale dello Space Shuttle. Andò in pensione dalla NASA nel 1982, ma rimase attivo come consulente e consigliere NASA. Il controllo missione al Johnson Space Center venne rinominato in onore di Kraft nel 2011.

Sempre schietto, in un’intervista per un progetto orale di storia della NASA, Kraft descrisse lo space shuttle come il velivolo spaziale più sicuro mai costruito nonostante il guasto dell’O-ring del razzo che fece esplodere il Challenger nel 1986, e i detriti di schiuma che abbatterono il Columbia nel 2003: «Abbiamo avuto due guasti che furono catastrofici. Entrambe errori dell’uomo e non della macchina. – disse – Fu (quello del Challenger) un errore della mente umana, non della macchina. Avremmo dovuto risolverlo. Lo stesso per i detriti. Probabilmente stavano giocando alla roulette russa.» E concluse: «Perciò prendete ciò che Chris Kraft dice con un pizzico di buon senso. Dico che la macchina non ha mai realmente fallito. Non c’è razzo, anche tenendo conto di quei due guasti, che abbia avuto il tasso di successo dello space shuttle. Gelerà l’inferno quando ciò verrà superato.»

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