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Pripyat (Прип’ять), situata nel nord dell’Ucraina, vicino al confine bielorusso a circa 110 km da Kiev, nella vasta area paludosa della Polesia, oggi è una città fantasma. Ma c’erano circa 47mila abitanti qui, prima che il 26 aprile 1986 l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, poco distante, costringesse tutti quanti a scappare il più lontano possibile dalla città che fino a quel momento era stata vivace e moderna.

47000 persone che, salendo a bordo di numerosi autobus mandati appositamente, si sono lasciate alle spalle la vita di tutti i giorni e sono partite portando con sé solo i documenti e pochi oggetti necessari.

L’annuncio del comune parlava di un’evacuazione temporanea ma si raccomandava con i cittadini di chiudere acqua, luce e gas:

«Attenzione, attenzione! Attenzione, attenzione! Attenzione, attenzione! Attenzione, attenzione!

Il Consiglio Comunale informa che, a seguito dell’incidente alla centrale nucleare di Černobyl’, nella città di Pryp”jat’ le condizioni dell’atmosfera circostante si stanno rivelando nocive e con alti livelli radioattivi.

Il Partito Comunista, i suoi funzionari e le forze armate stanno dunque adottando le dovute misure. Tuttavia, al fine di garantire la totale incolumità delle persone, e in primo luogo dei bambini, si rende necessario evacuare temporaneamente i cittadini nei vicini centri abitati della regione di Kiev. A tale scopo, oggi 27 aprile, a partire dalle ore 14, saranno inviati autobus sotto la supervisione della polizia e dei funzionari della città. Si raccomanda di portare con sé i documenti, gli effetti personali strettamente necessari e prodotti alimentari di prima necessità.

Gli alti dirigenti delle strutture pubbliche e industriali della città hanno stabilito l’elenco dei dipendenti necessari per rimanere a Pryp”jat’ e garantire il normale funzionamento delle aziende cittadine. Tutte le abitazioni, durante il periodo di evacuazione, saranno inoltre sorvegliate dalla polizia.

Compagni, lasciando temporaneamente le vostre case, non dimenticate per favore di chiudere le finestre, di spegnere tutte le apparecchiature elettriche ed a gas e di chiudere l’acqua. Si prega di mantenere la calma, l’ordine e la disciplina durante lo svolgimento di questa temporanea evacuazione.»

Nessuno invece ha mai fatto ritorno nella cittadina. Case, ospedali, scuole, strade: tutto è rimasto immobile da allora a raccontare quello che c’era e che non c’è più.

Solo il degrado, la rovina e la vegetazione che ingoia tutto rivelano come in realtà siano passati 33 anni. La città è completamente disabitata. Le strade, ancora praticabili (pur se alcune piante sporgono dall’asfalto), sono inutilizzate dal 1986. Alcune vie e corsi sono stati chiusi da blocchi di cemento per impedirvi l’accesso. Per entrare nell’area sono richiesti dei permessi speciali; all’uscita, persone e veicoli devono superare un controllo ed eventualmente effettuare una doccia contro le radiazioni.

Il fotografo olandese Erwin Zwaan, 47 anni, tra il 2016 e il 2018 si è inoltrato nella zona in cui ancora oggi è vietato accedere per l’alto livello di radiazioni, per testimoniare con scatti impressionanti cosa resta oggi di Pripyat e dei dintorni. E nelle immagini ha raccontato cosa resta, 33 anni dopo il disastro, di quella città.

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