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Codacons: ««Il sesto calo consecutivo dell’inflazione è una pessima notizia, produce solo vantaggi illusori per le famiglie»

Nel mese di ottobre, secondo quanto rende noto l’Istat, si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,2% su base mensile e una diminuzione dello 0,3% su base annua (da -0,6% del mese precedente), confermando la stima preliminare. Lo afferma Confesercenti, commentando i dati del rapporto Istat.

Pur registrando per il sesto mese consecutivo un’inflazione negativa a causa per lo più dei prezzi dei Beni energetici (-8,7%), la flessione dell’indice NIC si dimezza rispetto al mese precedente. Ciò è dovuto all’accelerazione dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati (da +2,7% di settembre a +3,5%) e alla minore ampiezza della diminuzione, che rimane sostenuta, di quelli degli Energetici regolamentati (da -13,6% a -7,2%). Accentuano invece la flessione i prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da -8,2% a -9,4%).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi e quella al netto dei soli beni energetici accelerano entrambe, rispettivamente da +0,1% a +0,2% e da +0,2% a +0,5%. L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto prevalentemente alla crescita dei Beni energetici regolamentati (+10,5%) e, in misura minore, di quelli dei Beni alimentari non lavorati (+0,9%), solo in parte compensata dal calo dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (-1,1%).

L’inflazione acquisita per il 2020 è pari a -0,2% per l’indice generale e a +0,5% per la componente di fondo. I prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona accelerano (da +1,0% a +1,2%), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto continuano a registrare una flessione (da -0,1% a -0,2%).

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,6% su base mensile e diminuisce dello 0,6% su base annua (da -1,0% di settembre), confermando la stima preliminare.

L’aumento congiunturale dell’IPCA, conclude l’Istat, più marcato rispetto a quello del NIC, è spiegato dalla fine dei saldi estivi prolungatisi anche a settembre e di cui il NIC non tiene conto. I prezzi di Abbigliamento e calzature registrano infatti un aumento congiunturale pari a +4,9% e una marcata attenuazione della flessione su base annua (da -2,3% a -0,2%). La flessione tendenziale dell’IPCA invece, pur attenuandosi, rimane più marcata di quella del NIC poiché da un lato in alcuni casi i saldi continuano anche a ottobre e dall’altro i prezzi dei Servizi sanitari e delle spese per la salute si confermano in calo per l’IPCA (da -0,8% a -0,7%), mentre crescono per il NIC (+0,7% come a settembre), a causa dell’abolizione del super ticket intervenuta già a settembre e di cui il NIC non tiene conto.

«Il sesto calo consecutivo dell’inflazione è una pessima notizia, perché la flessione dei prezzi produce solo vantaggi illusori per le famiglie ed è causata dalla crisi dei consumi che si registra nel nostro paese» Lo afferma il Codacons, commentando i dati diffusi oggi dall’Istat.

«La media dell’inflazione cala al -0,3% ad ottobre, ma i prezzi salgono nei comparti che concentrano i maggiori acquisti da parte dei consumatori – spiega il presidente Carlo Rienzi Ciò annulla qualsiasi beneficio in termini di potere d’acquisto per le famiglie, poiché i beni primari e indispensabili come il carrello della spesa e gli alimentari subiscono sensibili rincari dei listini».

«Ad ottobre si registrano aumenti record per la frutta fresca, i cui prezzi al dettaglio salgono del +9,9% su base annua, mentre la verdura aumenta del +5,3% e in generale gli alimentari non lavorati registrano una accelerazione del +3,5% su anno. Questo significa che, nonostante l’inflazione media sia in calo del -0,3%, le famiglie spendono di più per l’alimentazione, con un rincaro medio di spesa solo per la voce ortofrutta pari a +112 euro su base annua a famiglia», afferma il Codacons.

«A causa delle forti tensioni nel settore dei listini alimentari e considerati i consumi di ortofrutta delle famiglie, un nucleo con due figli spende oggi in media 51 euro in più per la verdura rispetto al 2019 e addirittura 61 euro in più per l’acquisto di frutta» – conclude Carlo Rienzi.

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