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Divisioni di genere nella scienza sono un fatto culturale. Paesi come Italia, Francia e Spagna, gestiscono meglio questa disparità di opportunità rispetto a paesi come Germania e Olanda.

Una donna ingegnere che ha lavorato nel progetto dell’allunaggio ha spiegato come le fosse stato detto una volta che la sala controllo non era posto per le donne. Le cose sono molto cambiate in 50 anni, ma non così velocemente come si sperava. Ecco cinque scienziate di differenti generazioni che hanno infranto barriere nelle proprie discipline.

La pioniera: Prof. Jocelyn Bell Burnell

Divenuta famosa per aver scoperto la prima pulsar più di 50 anni fa, la Prof. Dame Jocelyn Bell Burnell è stata anche una ferma sostenitrice delle donne nella scienza.

Allieva in una scuola dell’Irlanda del Nord nel 1950, a lei come ad altre ragazze non era permesso studiare scienze fino a che i suoi (e anche altri) genitori fecero una protesta.

«I ragazzi venivano mandati al laboratorio di scienze e le ragazze nella stanza di economia domestica, perché tutti sapevano che le ragazze erano solo destinate a sposarsi, perciò dovevano sapere come rifare i letti», ricorda Burnell.

Attualmente professore ospite di astrofisica all’Università di Oxford, Burnell ha fatto parte di un gruppo di scienziate i cui sforzi hanno portato a premi che riconoscono l’impegno a promuovere la carriera delle donne nella scienza. Lo schema Athena SWAN (Scientific Women’s Academic Network) richiede alle università ed ai college di affrontare la parità di genere.

«Tutto è iniziato lentamente, fino a quando alcuni enti erogatori dei finanziamenti alle università non hanno notato questa cosa e hanno iniziato dire “devi avere un riconoscimento Athena SWAN se vuoi i nostri soldi” – racconta Burnell -. E ciò focalizzò notevolmente le menti.»

La scienziata spiega che la separazione di genere nella scienza è un fatto più culturale che relativo a qualcosa che abbia a che fare con la mente delle donne, e alcuni paesi fanno molto meglio di altri. In astrofisica, paesi dell’Europa meridionale come Italia, Francia e Spagna fanno molto meglio rispetto a paesi dell’Europa settentrionale come Germania e Olanda, ad esempio.

«In tutti questi paesi la quantità di donne sta aumentando, ma il modello non è cambiato, e ciò è interessante – continua la Burnell – Il progresso è lento, le cose stanno gradualmente cambiando.»

Il suo consiglio alle donne che lavorano in campo scientifico? «Non scoraggiatevi, resistete, lavorate sodo e, ovviamente, siate coraggiose.»

La ricercatrice leader: Dr. Nicola Beer

L’interesse della Dr. Nicola Beer per la scienza si sviluppò in giovane età: uno dei suoi primi ricordi risale alla scuola primaria, quando lei osservava la sua insegnante mentre dimostrava il concetto delle onde sonore usando un piatto di plastica riempito di riso e un altoparlante portatile.

La prima nella sua famiglia ad andare all’università, la sua laurea in biochimica alla Bristol la portò ad un dottorato di ricerca alla Oxford e una borsa di studio Fulbright negli Stati Uniti al MIT ed ad Harvard, prima di passare dal banco di ricerca alla guida di un team di ricercatori.

Come capo dipartimento senior per la Ricerca in Biologia e Farmacologia al Novo Nordisk Reserch Center Oxford, lavora sia come capo dipartimento che come scienziata.

La dottoressa spiega: «In pratica si tratta di impostare la direzione strategica, aiutare le persone a far maturare le proprie idee, indirizzarle ed anche supportarle nella loro carriera.»

La sua convinzione è che con poche donne a ricoprire ruoli di leadership, le donne hanno l’obbligo di supportarsi le une con le altre, come mentori, tramandandosi le conoscenze, o semplicemente cercando di essere «generose e pronte ad aprire la porta».

«Penso sia qualcosa che dovremmo fare indistintamente, sia che siano donne, o persone giovani, o persone nel mezzo della loro carriera. Abbiamo l’obbligo di spianare la strada per come dovrebbe essere, piuttosto che proteggere la nostra posizione, e la generosità ha un ruolo piuttosto importante in tutto ciò», spiega la dottoressa.

Come leader donna, nota come spesso la gente cerchi di suggerirle un modo uniforme per le donne di essere delle leader, come ad esempio essere più forti o assertive in una situazione, o rispondere alle cose in un modo prestabilito.

Continua la spiegazione della Beer: «Penso che dovremmo fare uno sforzo collettivo per incoraggiare le donne ad essere le migliori leader che possano essere, piuttosto che uno stereotipo di come noi percepiamo che esse dovrebbero essere.»

Per lei ciò significa evitare classici preconcetti, come i limiti di ciò che si può raggiungere e quale lavoro si può fare: «Adoro infrangere le barriere che ci impediscono di raggiungere alti livelli nelle nostre carriere, e penso veramente che dovremmo abbattere ogni barriera e preconcetto tra di noi».

L’apripista: Gladys Ngetich

Quando in un meeting è stato detto a Gladys Ngetich: «Non sembri un ingegnere», lei rincasò pensando a quale aspetto avrebbe dovuto avere un ingegnere.

Come studente in ingegneria meccanica, si è abituata a combattere gli stereotipi e ad essere in un certo qual modo una apripista. In Kenya, a studiare per una laurea in ingegneria meccanica, lei era una delle otto donne in una classe di 80 persone.

Ripensando al suo primo anno, ricorda: «la maggior parte dei ragazzi nella nostra classe pensava che non ce l’avremmo fatta», invece lei si è laureata con il massimo dei voti.

Attualmente impegnata nel completamento del suo dottorato in ingegneria aerospaziale all’Università di Oxford, ha appena vinto una borsa di studio Schmidt in scienze per studiare le tecnologie delle scienze spaziali a supporto dello sviluppo sostenibile.

Ispirata da donne come la Prof. Bell Burnell, il suo desiderio è quello di dare ispirazione alle nuove generazioni di ingegneri.

«La motivazione che mi fa andare avanti è che qualcuno deve scrivere un nuovo percorso, qualcuno deve iniziare a spianare la strada per qualcun altro – spiega la Ngetich – Spero che ci sarà una lunga scia di donne che verranno dopo di me, e sperò che non dovranno mettersi così tanto alla prova.»

Oltre i confini tradizionali: Dr. Megan Wheeler

Come risolvereste le grandi sfide che si stanno presentando al mondo? La scienza ha le soluzioni, ma solo se si osservano i problemi attraverso diversi obiettivi. Questa è la visione della Dr. Megan Wheeler che, come direttore esecutivo del programma di borse di studio Schmidt per la scienza, ha la missione di istruire la prossima generazione di leader scientifici.

La Dr. Wheeler ha due dottorati in neuroscienze (Università di Oxford) e psicologia clinica (Università Cattolica dell’America). Attualmente dirige un programma volto a sfruttare i più brillanti e migliori nel campo scientifico per affrontare le sfide globali.

Sforzi come il progetto sul genoma umano hanno dimostrato il valore di lavorare oltre i confini tradizionali della scienza per far avanzare la ricerca: «Penso che sia cruciale avere scienziati con una reale profonda esperienza ma che possano attraversare questi confini.»

«Essere scienziato oggi significa avere la capacità di uscire dal laboratorio e spiegare perché il proprio lavoro è importante.» spiega la Wheeler.

Ciò richiede un’ampia gamma di competenze per coinvolgere il pubblico, gli organismi finanziatori ed i responsabili politici, ma anche per lavorare con scienziati di altre discipline per «trovare soluzioni a problemi che da soli non si sarebbe in grado di percepire.»

L’astro nascente: Elina Aino Johanna Pörsti

Figlia di un insegnate di fisica e di un medico, Elina Aino Johanna Pörsti è cresciuta in Finlandia, in una famiglia dove il dialogo scientifico era una seconda natura. Quando c’era un tuono, suo padre le spiegava la fisica che si celava dietro ad esso, mentre la madre le spiegava il corpo umano.

Sin da piccola dimostrò il suo spirito da imprenditrice, quando creò la sua farmacia sulla spiaggia: «Le pietre erano le differenti medicine, la gente veniva da me dicendomi cosa non andava e io davo loro la corretta medicina».

A scuola partecipò ad un corso di biologia sulla modifica dei geni, che gettò le basi della sua futura carriera.

«Era fantastico che si potesse estrarre del DNA e lavorare in un laboratorio – spiega – e pensai che sembrava veramente fico e sicuramente qualcosa che sarei stata in grado di fare.»

«Sono affascinata dalla scienza perché mi piace capire, e c’è sempre di più da capire, e c’è sempre di più da leggere ed imparare.»

La Pörsti ha studiato scienza molecolare all’Università di Helsinki, ottenendo un Master in Business Administration da Copenhagen. Ora è una scienziata al Novo Nordisk Research Centre Oxford impegnata nella scoperta di nuovi strumenti per la diagnosi.

Alla scuola in Finlandia, tutti erano trattati allo stesso modo, ed è stato cruciale per l’avanzamento della posizione delle donne in campo scientifico: «Riguardo a come possiamo far avanzare la posizione delle donne nella scienza, in genere penso che dovremmo metterci al lavoro il più presto possibile.»

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