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Giancarlo Grasso (Confartigianato): «Buona parte dell’acqua immessa nella rete non arriva ai rubinetti dei cittadini e dei nostri artigiani».

In Liguria l’emergenza idrica coinvolge 1.392 micro e piccole imprese artigiane, con 4.745 addetti che operano nei dieci settori manifatturieri con la maggiore intensità di utilizzo dell’acqua. Lo rileva un’analisi dell’Ufficio studi di Confartigianato (su dati Istat), segnalando l’impatto del deficit idrico sulle attività delle microimprese. Nel dettaglio provinciale ligure, per la maggior parte si tratta di realtà attive nel genovesato (678 con 2.261 addetti), seguite da quelle savonesi (297 con 989 addetti). Nella provincia di Imperia sono interessate 226 microimprese artigiane (con 705 addetti), mentre nello spezzino sono 191, con 790 addetti.

In Italia si tratta di 71 mila imprese artigianewater intensive” con 287 mila addetti: tra i settori più idro-esigenti Confartigianato indica quello estrattivo, seguito da tessile, petrolchimico, farmaceutico, gomma, materie plastiche, vetro, ceramica, cemento, carta e prodotti in metallo.

Complessivamente, in questi dieci comparti manifatturieri con il più elevato uso di acqua si concentra il 69,3% dei consumi delle imprese di produzione, pari a 12,1 litri di acqua per euro di produzione, per un totale di 118mila aziende che occupano 1 milione e 268 mila addetti.

Tra le criticità segnalate da Confartigianato, il calo del 39,7% della produzione idroelettrica nei primi cinque mesi del 2022. «Ma anche la dispersione della risorsa idrica, a causa delle cattive condizioni delle infrastrutture – commenta Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato Liguria – con dispersioni molto elevate. Il risultato è che buona parte dell’acqua immessa nella rete nazionale non arriva ai rubinetti dei cittadini e dei nostri artigiani, per i quali è indispensabile anche per la loro attività manifatturiera».

La Spezia risulta al 17esimo posto tra i capoluoghi di provincia italiani per grado di perdite idriche totali sui volumi immessi nella rete, che raggiunge addirittura il 53,4%: su un totale di circa 16,87 milioni di metri cubi immessi in rete (498 litri per abitante al giorno), solo 7,86 vengono erogati per usi autorizzati. Nel Comune di Genova le perdite idriche sono il 32,1%: 64,7 milioni di metri cubi immessi in rete (312 pro capite), 43,9 quelli erogati. A Savona la dispersione idrica si attesta sul 28,2%: si contano 6,48 milioni di metri cubi d’acqua immessa (299 pro capite) e 4,65 milioni effettivamente erogati per uso autorizzato. Il Comune più “virtuoso” della Liguria è Imperia, con “solo” il 24% di perdita idrica sul totale: 5,4 milioni di metri cubi immessi (352 per abitante al giorno), 4,1 milioni quelli erogati per usi autorizzati.

Guardando al resto d’Italia, la massima criticità si rileva a Chieti, con il 71,7% di dispersione idrica, mentre la situazione migliore si registra a Macerata, dove si perde “solo” il 9,8% dell’acqua immessa in rete. In generale, a livello nazionale, il 36,2% dell’acqua immessa nella rete, pari a 0,9 miliardi di metri cubi, non arriva ai rubinetti degli italiani.

c.s.

Crediti immagini: Imani

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