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Genova. Pendolari, ambientalisti, consumatori, comitati di cittadini e operatori economici hanno inviato un memorandum al MIMS (Ministero Infrastrutture Mobilità Sostenibile) in cui illustrano i danni che provocherà il progetto di spostamento a monte della ferrovia nel Ponente, chiedendo scelte diverse e un uso corretto del Recovery Plan.

Assoutenti Savona, Comitato per la Salvaguardia del Territorio e delle Attività Produttive, WWF Italia-Liguria, Comitato pendolari Savona-Genova e Fridays For Future hanno inviato al MIMS un dettagliato “memorandum” in cui illustrano le enormi criticità del progetto di spostamento a monte della ferrovia nella tratta Andora–Finale Ligure, chiedendo scelte diverse e coerenti con la mobilità sostenibile, l’ambiente e le necessità dei pendolari.

Se questo progetto di spostamento a monte nella tratta tra Andora e Finale (che continua ad essere chiamato scorrettamente “raddoppio” mentre trattasi di una totale variante di tracciato) verrà finanziato e realizzato, significherà un disastro per la mobilità ferroviaria nel Ponente e tutta la Liguria, e a testimonianza concreta c’è lo spostamento da pochi anni realizzato nella tratta San Lorenzo–Andora, che ha determinato un isolamento definitivo per importanti località rivierasche, con la perdita della stazione e la realizzazione di poche stazioni del tutto decentrate, peggiorando la vita dei pendolari e rendendo residuale il trasporto ferroviario.

Ma il progetto per la tratta Andora-Finale è ancora più devastante dei progetti precedenti a causa del dimezzamento delle stazioni con perdita definitiva della ferrovia per Laigueglia, Ceriale, Loano, Borgio Verezzi e decentramento – anche di Km – delle stazioni rimanenti, tra cui Albenga allontanata di ben 5 km dal nucleo urbano.

Gravissimo l’impatto ambientale, per un’opera che andrà ad insistere su numerose aree protette, e non meno grave l’impatto sull’economia agricola, con la perdita di circa 80 ettari di terreno agricolo e centinaia di posti di lavoro nel settore.

Paradosso del progetto è che andrà poi a dismettere ben 10 km di linea già a doppio binario: un vero sperpero di denaro pubblico, quindi, per un investimento presunto di oltre 1,5 miliardi di Euro, che probabilmente non sarà neanche sufficiente essendo una stima di 20 anni fa mai attualizzata.

Le associazioni hanno quindi chiesto al MIMS scelte diverse, affinché blocchi questo progetto e recuperi invece l’originario progetto di raddoppio in sede, e finanzi – adesso – tutte quelle opere necessarie per il potenziamento della linea, fattibili in poco tempo e a costi contenuti, come il ripristino dei binari di incrocio (eliminati negli ultimi 20 anni con grave impatto sulla circolazione) la realizzazione dei sottopassi eliminando i passaggi a livello e l’adozione di tecnologie di segnalamento e distanziamento più efficienti.

Assoutenti Savona, Comitato per la Salvaguardia del Territorio e delle Attività Produttive, WWF Italia-Liguria, Comitato pendolari Savona¬Genova e Fridays For Future Genova hanno anche chiesto che non si ricorra al Recovery Plan – direttamente o indirettamente – per finanziare un progetto contrario a logiche di sostenibilità, cosa che sarebbe sconcertante e contraria ai principi del Recovery stesso, ma che il Recovery venga impiegato, caso mai, per le opere di potenziamento della linea e per il raddoppio in sede.

c.s.

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