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Con la vigilanza praticamente inesistente le sorti delle ultime anguille liguri sono segnate.

È durata pochi anni la pace, bracconaggio a parte, per le pochissime anguille esistenti nei corsi d’acqua liguri; dal prossimo ottobre la Regione ne autorizza la pesca, dopo averla chiusa nel 2014, con notevole ritardo sulle indicazioni dell’Unione Europea.

L’Europa aveva varato anni prima provvedimenti fortemente restrittivi per la sua tutela, dopo che l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) l’aveva inserita nella lista rossa delle specie gravemente minacciate, cioè prossima all’estinzione; le principali cause della rarefazione infatti non stanno nell’inquinamento (a cui l’anguilla è poco sensibile) ma nell’eccessivo sforzo di pesca, sia degli adulti che del novellame a scopo di ripopolamento delle valli da pesca; in inverno infatti inizia la migrazione verso il mar dei Sargassi, al largo degli Stati Uniti, unico posto dove avviene la riproduzione. Inizialmente l’U.E. aveva richiesto agli stati membri di proibire soltanto la pesca professionale; successivamente però, a seguito dell’ulteriore rarefazione della specie, aveva chiesto di estendere i divieto anche alle attività dilettantistiche e ricreative. Ma la Regione, da sempre attenta agli interessi dei cacciatori e dei pescatori, aveva fatto “orecchie da mercante” fino al 2014; dopodiché si era subito messa al lavoro per redigere un “piano di gestione”. Adempimento necessario per poter consentire ad un pugno, dice lei, di pescatori di ripescarla.

Piano che, secondo la Protezione Animali savonese, ha il solo scopo di presentare una serie di documenti burocratici e formali all’Unione Europea, per riaprire la pesca senza incorrere in violazioni comunitarie e conseguenti multe milionarie; i volontari dell’Enpa sperano invece che l’Unione Europea giudichi il piano insufficiente e costringa la Liguria a richiudere la pesca all’anguilla, meraviglioso e rarissimo animale che merita tutela e protezione.

Secondo il piano regionale si potrà pescare esemplari lunghi 30 centimetri ed oltre da ottobre a febbraio, fino a 5 capi al giorno con il limite stagionale di 40, con l’unico obbligo di compilare una tabella e consegnarla a stagione finita.

Con la vigilanza praticamente inesistente le sorti delle ultime anguille liguri sono segnate.

APPROFONDIMENTO

Si tratta di un migratore, con un ciclo riproduttivo straordinariamente complesso e noto da poco tempo. Tutte le anguille nascono nel Mar dei Sargassi, unico posto noto dove avviene la riproduzione di tale specie. La migrazione degli esemplari sessualmente maturi inizia dalle acque dolci o salmastre dove questi pesci risiedono, in autunno. L’istinto riproduttivo è talmente forte che le anguille che vivono in laghi o stagni chiusi non esitano ad uscire dall’acqua ed a raggiungere il fiume o il mare strisciando come serpenti; ciò avviene durante la notte, soprattutto in condizioni di pioggia (per evitare la disidratazione) e di assenza di luna. In mare subiscono notevoli variazioni come l’aumento di dimensioni degli occhi (si suppone che la migrazione avvenga a grandi profondità, dove la luce è poca) e la degenerazione dell’apparato digerente (l’anguilla in migrazione smette di nutrirsi). Attraverso itinerari poco noti questi pesci, che non sono di certo forti nuotatori, raggiungono l’area dell’Oceano Atlantico in cui avviene la deposizione, effettuata la quale muoiono. Alla schiusa dell’uovo il giovane fa il medesimo percorso fatto dalla madre per tornare in Europa, nell’esatto luogo da dove essa proveniva, impiegando circa 3 anni per effettuare tutto il viaggio ed arrivando allo stadio di “ceca”.

c.s.

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