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Centinaia di pazienti seguiti da casa con il monitoraggio remoto.

Savona. Numerosi i casi di pazienti con problemi cardiaci seguiti dalla Cardiologia di Savona con il sistema di telemedicina per il monitoraggio da casa per pacemaker, defibrillatori e non solo. Dal primo gennaio si lavora sull’inserimento del controllo remoto all’interno del fascicolo sanitario.

Ci stiamo lasciando alle spalle un anno che difficilmente dimenticheremo per le conseguenze che ha generato e l’impatto che ha avuto sul nostro sistema sanitario. Tra il lockdown della scorsa primavera, alla classificazione in base al rischio regione per regione, passando per un’estate non esattamente “ordinaria”. In questo lasso di tempo, la S.C. di cardiologia del San Paolo di Savona ha dovuto adattarsi ai cambiamenti imposti dalla pandemia.

«A inizio marzo il lockdown ci ha costretto a riorganizzare l’accesso agli ambulatori della cardiologia. Soprattutto per salvaguardare le fasce d’età più a rischio, abbiamo dovuto limitare gli appuntamenti alle urgenze e ai controlli dei dispositivi cardiaci impiantabili, quindi pacemaker, defibrillatori e monitor cardiaci sottocutanei», così inizia il direttore della S.C. di Cardiologia Dott. Pietro Bellone.

Una delle problematiche principali era l’afflusso continuo di pazienti a questo ambulatorio. Il team dell’elettrofisiologia cardiaca aveva intrapreso, nel mese di settembre 2019, una globale riorganizzazione dei controlli dei pazienti portatori di dispositivo cardiaco impiantabile. La spinta decisiva a metà febbraio quando, ignari di quanto sarebbe successo poco più di due settimane dopo con l’esplosione della bomba COVID-19, il Dr. Pentimalli e il Dr. Bacino si sono recati presso la Cardiologia dell’Ospedale “Mater Salutis” di Legnago (VR), un centro di eccellenza italiana ed europea per l’organizzazione dei controlli remoti. Qui, la cardiologia interventistica, diretta dal Dr. Gabriele Zanotto, ha una esperienza ormai consolidata sulla materia. Grazie a questa collaborazione si è riusciti a importare, sviluppare ed accrescere al San Paolo una metodica che si dimostra vincente e che è imperniata sull’utilizzo del monitoraggio remoto.

«Il monitoraggio remoto si basa sull’idea di assegnare ad ogni paziente portatore di un dispositivo cardiaco un trasmettitore, con cui inviare i dati relativi al loro funzionamento e ai parametri elettrici, secondo un calendario di date personalizzato. Naturalmente la mole di dati che arriva è notevole, dato che ogni settimana riceviamo tra le 110 e le 160 trasmissioni. A noi medici serve una figura che faccia da filtro e si interfacci con noi quando pervengono trasmissioni di una certa rilevanza clinica (ad esempio fibrillazione atriale di nuova insorgenza o scarica di un defibrillatore). È qui che si inserisce la figura del Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e Perfusione Cardiovascolare», come spiegato dal responsabile della Struttura Semplice di Elettrofisiologia e Aritmologia Dott. Francesco Pentimalli.

Il Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e Perfusione Cardiovascolare (abbreviato TFCPC) è una figura sanitaria conosciuta principalmente per il suo ruolo nella gestione delle tecniche di circolazione extracorporea, come la macchina cuore-polmone durante gli interventi di cardiochirurgia, e l’ECMO, supporto vitale di ossigenazione extracorporea che ha avuto un ruolo fondamentale nelle terapie intensive dove erano presenti pazienti refrattari alla ventilazione meccanica affetti da COVID-19. Il loro ruolo, probabilmente ancora poco conosciuto, è molto importante anche nei reparti di cardiologia dove il TFCPC si occupa dell’esecuzione di esami strumentali quali ECG, ecocardiografie, controllo pacemaker e, naturalmente, gestione del monitoraggio remoto.

«Avendo a disposizione un professionista sanitario con questo tipo di competenze, abbiamo potuto sviluppare il nostro programma di follow-up, arruolando decine di pazienti ogni mese. Allo stato attuale abbiamo quasi 750 pazienti seguiti in modalità remota e continuiamo ad arruolarne quasi ogni giorno. Inoltre, dal primo gennaio, le trasmissioni remote saranno rimborsate come visita di controllo dal sistema sanitario regionale, facendo della Liguria la sesta regione italiana con riconoscimento del monitoraggio remoto come prestazione sanitaria a tutti gli effetti. Stiamo inoltre collaborando con i tecnici del sistema informatico aziendale in modo da rendere quanto prima tale prestazione visualizzabile anche dal medico di famiglia sul fascicolo elettronico del paziente», commenta entusiasta il Dott. Pentimalli e continua: «l’utilizzo di questo tipo di tecnologia influenza non poco le decisioni cliniche da prendere sul paziente, poiché, in caso di qualsiasi anomalia rilevata, è possibile intervenire in un lasso di tempo ridottissimo, avvisando il paziente e facendolo accedere in ambulatorio, diversamente da quanto succedeva prima. Infatti, con il controllo ambulatoriale classico, certe tipologie di eventi quali la fibrillazione atriale, l’esaurimento della batteria, eventuali problematiche elettriche del sistema impiantato, interventi di cardioversione di aritmie maligne, possono essere visualizzate anche a distanza di 6 mesi dall’evento, con tutte le problematiche del caso».

«Questo tipo di organizzazione – spiega Pentimalli –, diventata per noi fondamentale durante la pandemia, trascende comunque la problematica COVID-19. Si pensi quanto sia migliorata la qualità di vita di pazienti che fino ad oggi, ad esempio in caso di batteria in fase di iniziale deplezione, dovevano essere visti in ospedale magari ogni 2 o 3 mesi, con disagi notevoli per loro: a solo titolo esemplificativo basti citare la difficoltà di arrivare in ospedale dall’entroterra nel periodo invernale, la necessità di organizzare ambulanze e trasporti per i pazienti ospiti delle case di riposo, la necessità di permessi di lavoro dei parenti che accompagnano i propri cari. Questi disagi sono superati da questa tecnologia che è stata accettata con grande entusiasmo dagli utenti, anche da parte di pazienti molto anziani e comprensibilmente non avvezzi, in fase iniziale, a questa metodica».

«Il paziente sa che è costantemente monitorato e che, se non viene contattato dall’ospedale, significa che il suo dispositivo funziona correttamente, che non presenta problemi e che non è necessario fare alcuna modifica di programmazione – aggiunge il Dott. Pentimalli , e quindi non sarà necessario alcun controllo in ospedale. In caso contrario viene convocato in ambulatorio per una verifica e risoluzione della problematica».

«Grazie alla scrematura offerta da questa tecnologia, la nostra equipe può focalizzare la sua attenzione solo su chi ha effettivo bisogno – spiega Pentimalli –. Con questa organizzazione, il follow-up del paziente raggiunge uno standard qualitativo notevole. In più, essendo portatile, il dispositivo di monitoraggio può essere utilizzato anche nel caso in cui il paziente si allontanasse da casa per più di una settimana (vacanze, ricovero presso struttura sanitaria per intervento elettivo, ecc.), poiché ha una connessione garantita in tutto il mondo e permette anche ai medici di altre cliniche/ospedali di avere delucidazioni circa lo stato del dispositivo, in quanto sempre connesso con noi».

«Attenzione però – chiarisce e conclude il dott. Stefano Pentimalli –: il monitoraggio remoto non è assolutamente un sistema di allarme se il paziente dovesse stare male, poiché rappresenta solo un sistema di controllo del dispositivo impiantato, non dello stato di salute del paziente. Come suggeriamo ai nostri pazienti, è necessario/utile fare una visita clinica di controllo, almeno una volta all’anno, presso gli ambulatori di cardiologia generale, presso il medico curante o presso lo specialista di fiducia».

«Continueremo a reclutare pazienti anche post-pandemia» afferma prontamente il Direttore Dr. Pietro Bellone «perché questa tecnologia esiste da diversi anni, ma quest’ultimo anno ci ha dato la spinta e le risorse, umane soprattutto, per sviluppare una rete di controllo a distanza che copre tutta la provincia e arriva anche fuori regione, ma soprattutto per semplificare e migliorare la qualità di vita ai nostri pazienti».

c.s.

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